Quando arriviamo alle aree di sosta intermedie, durante le uscite in montagna di M4810, il gruppo solitamente si divide in due: chi mangia e...chi non ha neanche la forza di mangiare, quasi.
A parte le battute, sono sempre momenti intensi, in cui si guarda indietro e avanti, alla strada passata e alla salita che verrà. E di solito non c’è molto spazio per altro, oltre a cibo, acqua e riposo.
E poi invece c’è lei, Valentina.
Mi volto e a qualche metro di distanza, tra il verde dell’erba e il giallo dei fiori di campo, vedo un sedere fasciato dai pantaloni Salewa spuntare verso l’alto. Poi una testa. Poi un ginocchio.
Non sono l’unica ad accorgersene: certe persone è come se emanassero un’energia particolare. Qualcuno la guarda divertito, qualcun altro ammirato, pochi coraggiosi si avvicinano, per cimentarsi con lei in questa sessione estemporanea di yoga; sembriamo dimenticarci del cibo e dell’acqua e della salita che ci aspetta.
Vale P. (ce ne sono 3 di Valentine oggi!) è entrata in Methodos un anno fa, in stage, proprio quando il progetto M4810 si era concretizzato e le prime uscite prendevano forma. E così, mentre noi ci arrampicavamo in montagna, lei muoveva i primi passi negli uffici della società e nel change management.
“Ho saputo del progetto alla mia prima riunione come stagista. È venuto fuori per caso, parlando delle attività di Methodos, e ho provato una scarica di eccitazione. Smorzata subito da una notizia che, a logica, avrei dovuto aspettarmi: purtroppo non era stata prevista la partecipazione degli stagisti. Ho nascosto la delusione, in fondo era comprensibile che fosse così. Mi sono messa l’anima in pace. Poi ho ricevuto quella telefonata. Mi ricordo perfettamente: ero in Toscana per una trasferta, una lunga giornata era finita e mi stavo godendo una cena in solitudine in un posto idilliaco. Ero in pace, serena e soddisfatta per il lavoro e per quello che stavo facendo. Quella punta di dispiacere per non essere parte di M4810 era l’unica cosa che rovinava il momento. Ed è stato allora che il numero di Viola è apparso sul display del mio smartphone: avevano deciso di includermi nel progetto e mi chiedeva la mia taglia per l’attrezzatura Salewa!”.
Perfetto per lei, perché anche Valentina è cresciuta con le montagne negli occhi (anche se non ne ha preso il colore, come Martina). Da Pinerolo, la sua terra d’origine, alla Scozia, dove ha provato a prendere parte alla locale attività del “Munro bagging”, la sfida di scalare tutte le montagne di più di mille metri del Paese: sono tante, ma non particolarmente alte! Vengono però complicate, mi racconta, da neve e nebbia.
E quindi in fondo, tornare in Italia per Methodos e trovarsi coinvolta in un progetto che la potrebbe portare a scalare il Monte Bianco sembra abbastanza coerente con la sua vita.
Ma non solo. È perfetto per lei, soprattutto perché Valentina trova nella montagna il naturale continuum di un altro elemento imprescindibile della sua vita. L’energia dello yoga, pratica che la accompagna da anni in ogni ambito della sua vita. Qualcosa che, a suo stesso dire, è “come respirare”, che fa ogni volta che può e ha recentemente seguito fino in India, nella pace di un ashram. E che porta con sé ovunque vada, dall’ufficio alle vette di M4810.
“Il parallelismo tra la montagna e lo yoga mi sorprende sempre più ad ogni uscita, quasi quanto quello tra montagna e change management! In fondo, mi sembrano tutte manifestazioni della stessa cosa, delle stesse lezioni. La montagna diventa una pratica meditativa in movimento, una forma di introspezione a ritmo dei tuoi passi. È sempre uguale ma anche in continuo cambiamento. Sembra immobile soltanto per la nostra percezione frenetica, in realtà ogni granello di terra e ghiaccio è in movimento.
Soprattutto, siamo in costante movimento noi. È la parte che trovo più interessante di questo progetto: M4810 è sempre lo stesso, può cambiare la meta ma è sempre una camminata in montagna. Di volta in volta, siamo noi a essere diversi”.
Sorrido, pensando a quante assonanze si presti la montagna. È davvero una pratica introspettiva che rimanda alla meditazione, allo yoga, alla spiritualità, a tutta una serie di elementi che non puoi capire finché non ci sei dentro. Finché non inizi un percorso come quello che stiamo facendo noi.
Ha quella capacità di svuotarti la testa e il corpo, la stessa che Valentina dice di aver provato dopo le lunghe giornate in ashram.
Quel senso di sfida quando nel lavoro o nella vita ti trovi davanti a qualcosa di grande e difficile, alla tua montagna da scalare, e hai una sensazione di rifiuto.
Ma concentrandoti sulle forze dentro di te, in qualche modo straordinario trovi la forza di iniziare a salire. O di vincere le resistenze degli altri, come con i clienti durante la consulenza.
È tutto figlio dello stesso mindset, dello stesso modo di affrontare la vita e il cambiamento.
A seconda di come lo chiami, diventa uno sport, una pratica spirituale o un lavoro. Ma si basa tutto sulle stesse capacità: resistenza, resilienza, pazienza, capacità di superare i limiti, ma sempre in modo graduale e consapevole...c’è tutto.
In fondo è per questo che lo stiamo facendo, no?
“All’inizio avevo sottovalutato il potere educativo, metaforico quasi, di tutto ciò. Mi eccitava l’idea delle uscite in montagna, dello spirito di gruppo, della sfida insieme, certo. Ma è solo percorrendo la strada che sto capendo davvero quanto arrivi lontano il parallelismo tra quello che facciamo in ufficio e là fuori.
Quando ho iniziato a fare yoga, è stato come iniziare a guidare senza pilota automatico. Diventi più consapevole di tutto, anche delle responsabilità, delle decisioni. Sei tu che hai in mano la macchina.
Con M4810 ho la stessa sensazione: le guide alpine, il CAI, i colleghi, la vision del progetto possono spingerci, ma non possono fare la strada al nostro posto. Nessuno può. Ad un certo punto dovremo decidere che siamo pronti a guidare da soli.
Comunque vada, ovunque io arrivi, lo yoga è stato il fil rouge della mia vita, dalle relazioni al lavoro. E ora è bellissimo rendermi conto che è qui con me, anche in montagna”.