Ormai non sento più le dita delle mani. Cerco di muovere le braccia come ci hanno insegnato le guide. Annaspo in cerca di aria mentre cerco di non perdere il passo.
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Monte Bianco - 4.810 metri. Seconda parte
Monte Bianco - 4.810 metri. Prima parte
Ci sono momenti nella vita in cui tutto sembra allinearsi perfettamente perché si possano raggiungere i propri obiettivi. Ci sono, vero. Ma solitamente non capitano quando dovrebbero.
Gran Paradiso - 4.061m
È una giornata soleggiata e calda quella in cui iniziamo a percorrere il sentiero che ci porterà ad affrontare la penultima vetta del progetto M4810, degna del nome di questo Parco: il Gran Paradiso.
Capanna Margherita - 4.554m - Seconda parte
Nel bianco
Non c’è più niente.
Capanna Margherita - 4.554m - Prima parte
Tu-tump, tu-tump, tu-tump…
Da qualunque lato mi giri, continuo a sentire questo rumore assordante nelle orecchie.
David & Giacomo
In questi due lunghi anni di stop forzato del progetto M4810 dovuti al Covid, non tutto è rimasto fermo. La vita e il lavoro hanno continuato a scorrere, e le persone hanno fatto lo stesso.
Ricominciare a scrivere di questo progetto è un po’ come rimettere delle vecchie scarpe da trekking, dopo che non si andava in montagna da un po’.
Ci sono eventi che entrano nella storia per essere delle vere e proprie pietre miliari. Cambiamenti così vasti e potenti, tipicamente inaspettati e almeno in parte imprevedibili, da sconvolgere le fondamenta stesse del nostro modo di vivere.
Pensare è faticoso. Il nostro cervello è sottoposto costantemente a stimoli di varia natura, ai quali rispondere in maniera rapida e specifica. Se dovesse attingere a tutte le proprie risorse, in ogni momento della giornata, per reagire, sarebbe un dispendio di energie enorme.
E così non lo fa. Semplicemente, prende la via più breve: una scorciatoia di pensiero.
Tra i tanti aspetti su cui la montagna si rivela grande maestra di vita - anche nel lavoro e nel Change Management - il rispetto dei fattori vincolo è forse uno dei più forti.
È in grado di insegnare con severità unica quanto sia importante l’adattabilità, la capacità di cambiare piano in base alle condizioni specifiche, per poter raggiungere gli obiettivi che ci si è prefissati.
M4810 non è mai stato un esame, una verifica che è porta a superare i propri limiti o a restare indietro. È nato e si è sviluppato come un allenamento di mindset, un percorso che serve a superare altri esami e che non è fine a sé stesso.
L’analisi dei rischi è uno dei temi più sentiti dalle aziende. In un mercato in cui i costi delle organizzazioni si alzano inesorabilmente, sbagliare è una spesa che molti non vogliono e non possono permettersi.
Perché alcuni progetti aziendali ingranano alla perfezione, e altri si arenano tra imprevisti e difficoltà?
Perché certe azioni di Change Management hanno un impatto quasi immediato, mentre altre faticano a tramutarsi in vere e proprie trasformazioni, interiorizzate a tutti i livelli della società?
Perché alcune persone raggiungono i propri obiettivi, mentre altre rinunciano?
Se M4810 è una palestra di mindset per Methodos, allora chi beneficerà maggiormente dell’aumentata forza dei suoi “muscoli” saranno le realtà con cui Methodos ha a che fare.
Il valore offerto da M4810 a Methodos, ai suoi consulenti, ma anche ai suoi clienti e stakeholder, è l’inaugurazione di un nuovo approccio. Si vuole tracciare un percorso sistematico di Change Management valido tanto in azienda quanto in montagna, tanto sul singolo quanto sulle organizzazioni.
Nel ‘900 Riccardo Cassin ha affrontato per la prima volta la parete nord del Grandes Jorasses.
Una grande impresa dal punto di vista alpinistico, certo, ma passata alla storia soprattutto per un altro motivo: lo ha fatto senza aver mai visto il Massiccio del Monte Bianco se non in cartolina.
La montagna, per definizione, è il terreno ideale dell’imprevedibile. Come il CAI ci aveva detto[1] in una delle prime lezioni tenute nei nostri uffici, “il rischio zero in montagna non esiste”. Non è una questione di inesperienza o di errore umano, ma di impossibilità di avere controllo totale su variabili esterne come le forze naturali.
Valentina B.
Forse nei momenti di estrema tensione si è in grado di vedere l’essenza più profonda delle persone. Quantomeno questa è la sensazione che ho avuto quel giorno in Vallèe Blanche, appesa a una cresta sotto l’Aiguille du Midi a 3.777 metri di altezza, a scattare foto ai membri del team M4810 mentre raggiungevano faticosamente la vetta dopo una lunga cresta ghiacciata e ripida che aveva messo a dura prova tutti.
Siamo entrati nell’ultima fase di questa grande opera. Il sipario si abbassa, ma c’è movimento dietro le quinte, tensione nell’aria: quando si alzerà la prossima volta, sarà per l’atto finale.
Fin dai primi studi di Organizational Behavior negli anni ‘70 è emersa chiaramente l’importanza fondamentale del successo dei team all’interno di un’organizzazione, affinché sia possibile il successo dell’organizzazione stessa.
Andrea B.
Di rientro dalla sfida di Punta Lechaud, stanchi morti ma sorridenti, fradici dopo la nostra discesa “alternativa” a colpi di scivolate sul sedere, iniziamo a incontrare i membri dell’altro gruppo M4810: invece di fare la scalata alpinistica, avevano affrontato un lungo giro ad anello nella vallata circostante.
Sabrina
Mentre cercavo di far tornare il battito cardiaco a una velocità normale e di riprendere a respirare senza affanno, pensavo a chi era rimasto indietro quel giorno.
Matteo
Quasi mi dimentico la prima regola della montagna: guardare dove si mettono i piedi.
Dopo un paio di cadute semi-rovinose e una gamba che sprofonda fino al ginocchio in una pozza di melma marrone non meglio identificata, capisco che devo smetterla di guardarmi intorno con la bocca spalancata di meraviglia.
Max
È un’alba fredda e dorata quando usciamo dal Rifugio Elisabetta, a 2.200 metri tra le cime della Val d’Aosta. Oggi ci aspetta una salita impegnativa verso Punta Lechaud: serviranno ramponi, corde e un po' di coraggio.
Alessio
La strada sembra non scorrere sotto i nostri piedi, come se fossimo su un tapis roulant immaginario che ci fa camminare e camminare ma ci lascia sempre allo stesso punto. Siamo forse a metà strada del percorso verso la Grigna, e la sensazione è quella di aver scalato tre montagne.
L'ultima delle prime
È un’altra giornata tersa e limpida quella che ci accoglie quando arriviamo ai piedi della Val Porcellizzo e parcheggiamo sotto un fitto bosco di conifere e rocce appuntite. Comincio a pensare che siamo stati miracolati con tutte queste giornate di bel tempo. E che quando (perché prima o poi, statisticamente, capiterà) la montagna ci mostrerà anche il suo volto ringhiante, fatto di pioggia, vento e freddo, saranno lacrime amare.
Il culmine di una settimana all’insegna del Cambiamento
Li guardo passare davanti a me uno per uno. Ciascun volto entra nel mio obiettivo per qualche secondo, prima di sparire proseguendo lungo la ripida salita innevata. Li osservo attraverso questo filtro, e non riesco a non sorridere.
Siamo nel punto più alto (e più difficile) della nostra traversata della Vallèe Blanche, a pochi metri dall’Aiguille du Midi. Mancano pochi passi all’arrivo, ma sono i più terribili: questo tratto è davvero estenuante.
L’antipasto del Bianco?
Ci diamo appuntamento al solito parcheggio di Milano pronti per la partenza in autobus verso un’altra uscita M4810. Questa volta di due giorni: il primo cammineremo dai 1700 metri di La Visaille (sopra Courmayeur) ai 2200 del Rifugio Elisabetta, il secondo invece da lì alla nostra prossima vetta: il Petit Mont Blanc. O almeno, così crediamo.
Valentina P.
Quando arriviamo alle aree di sosta intermedie, durante le uscite in montagna di M4810, il gruppo solitamente si divide in due: chi mangia e...chi non ha neanche la forza di mangiare, quasi.
Alla ricerca del limite
Siamo arrivati al momento in cui il gioco si fa serio. Abbiamo fatto belle escursioni, ci siamo divertiti, abbiamo scoperto i nostri limiti e abbiamo provato a superarli.
È stato bello. Ma ora qualcosa sta cambiando.
“Believe in Changeability”. È una delle prime cose che si possono leggere di Methodos, una frase che si trova ovunque, dal sito alle firme nelle email.
Una parola bellissima, changeability, che non trova riscontro in qualsiasi traduzione italiana. Mutevolezza non le rende certo giustizia; perché Changeability, in generale ma soprattutto nell’accezione di Methodos, è molto di più. È l’unione dei due termini che formano questa parola composta, “change” e “ability”: l’abilità di cambiare.
Martina
Una delle prime volte che ho parlato con Martina eravamo in autobus, diretti verso una delle tante montagne che abbiamo affrontato finora in questa spedizione.
Tra qualche chiacchiera e le classiche domande da prime volte, le chiedo di dove sia.
Fissa gli occhi verdi sul finestrino alle mie spalle e con un gesto della mano indica vagamente il bosco sulle montagne dietro di me. “Praticamente di qui!“
Tra neve e ghiaccio
Siamo tutti pigiati nella cabina, in questo venerdì mattina apparentemente come tanti. Chi si appoggia con le mani al vetro, chi si tiene ben saldo alle maniglie che sporgono dal soffitto. Solo che, in questa giornata lavorativa, non siamo in metropolitana a Milano, e non siamo diretti negli uffici di Methodos.
È un mercoledì pomeriggio, negli uffici di Methodos. Mi guardo intorno e sorrido.
Gruppetti di persone sono in piedi nella stanza, piegate su delle carte escursionistiche: bussole in mano, girano su se stesse in modo goffo. In fondo, una telecamera su un treppiede riprende la scena, per garantire di trasmettere la conoscenza (e probabilmente qualche risata!) anche a chi non ha potuto partecipare a questo momento.
È orario d’ufficio ma le parole che si sentono sono insolite.. sono “azimut” e “isoipse”.
Anche una persona allenata e abituata alla montagna potrebbe facilmente sottovalutare la complessità che il Tetto d’Europa rappresenta, soprattutto per un gruppo numeroso e variegato come i novelli alpinisti che si stanno formando in quest’azienda. Alcune difficoltà, poi, non erano nemmeno lontanamente immaginabili, quando quest’idea ha iniziato a prendere forma.
La preparazione per questo progetto, atletica, mentale e fisica, passa per tanti gradini, apparentemente piccoli ma tutti significativi.
Per trasformare questo team di consulenti in uno di professionisti della montagna, non basta programmare delle uscite in montagna. Bisogna allenare e curare ogni aspetto legato alla riuscita di questo grande cambiamento: testa, cuore, gambe, pancia.
Diletta
Guardare le foto della prima uscita M4810, oggi, strappa un sorriso. Sembra un’immagine sfocata, appartenente a un’altra epoca, di un altro gruppo. Non c’era l’attrezzatura Salewa, i colori coordinati, il brand della spedizione. Ciascuno aveva indossato i propri migliori abiti sportivi, ma sembravano più pronti ad andare a fare una corsa al parco. Tutti sorridenti, tutti desiderosi di dare il meglio di sé, ma senza la consapevolezza che abbiamo oggi quando ci apprestiamo a un’ascesa.
Storia di una prima riflessione
Ogni volto mostra un profilo di montagna. Ogni zaino contiene emozioni, esperienze e desideri propri. Tutti diversi. Tutti in cammino. Tutti alla ricerca delle tracce di un percorso non ancora scritto.
Angelo
Ad ogni uscita di allenamento di M4810, oltre il fruscio del vento, il rumore dell’acqua nei torrenti e il ritmo degli scarponi sulla roccia, c’è sempre un altro suono che ci accompagna. Quello delle infinite chiacchierate che, nonostante il dislivello che ogni volta affrontiamo, non viene quasi mai meno.
E tra le voci diverse che popolano questo sottobosco di discorsi, ce n’è una che mi ha colpito particolarmente durante l’ultima uscita, per la potenza e per l’allegria che emana.
Uno degli aspetti più interessanti del progetto M4810 è vedere quanto Methodos possa davvero applicare ciò che sta affrontando in montagna a quello che aiuta i clienti a fare ogni giorno. È “una vision che diventa reale”, come è stato giustamente detto in qualche commento all’impresa. È uno stimolo continuo ad affrontare gli aspetti su cui quotidianamente fanno consulenza: la resistenza al cambiamento, l’introduzione di nuove abitudini, il senso di partecipazione collettiva, la leadership come role model etc.
Elisabetta P.
Quello che tutti qui stanno affrontando è indubbiamente un percorso a ostacoli. Riuscire a prepararsi per raggiungere la cima del Monte Bianco con consapevolezza, costruire le capacità tecniche e l’allenamento necessario, la preparazione fisica e psicologica giusta, continuando a lavorare e a vivere la propria vita come se nulla fosse cambiato...
È una sfida enorme per tutti.
Passo del Sempione
Un’altra alba segna l’inizio di questa quarta avventura ad alta quota con Methodos.
Verso la quarta uscita
Ci ritroviamo in un pomeriggio di metà settembre negli uffici di Methodos a Milano.
Tra ferro e vento
Quando suona la sveglia, quasi nessuno si trova impreparato. La maggior parte degli occhi sono già spalancati e lo sono stati per gran parte della notte, nonostante la comodità dei letti. È uno dei primi effetti che l’altitudine ha sul corpo, quando non ci si è abituati. Se poi ci mettiamo che il Genepy è stato particolarmente apprezzato da molti di noi dopo la cena, il quadro è chiaro!
Animali di legno e vesciche ai piedi
Per una volta, il ritrovo con il gruppo non è all’alba. È una calda domenica pomeriggio di luglio, molti tornano dal mare o da qualche località di villeggiatura, e rimettere i piedi sull’asfalto bollente di Milano con mezza giornata di anticipo non è piacevole per nessuno. Per fortuna ci stiamo poco: siamo diretti parecchio in alto, in Val d’Aosta.
È una tappa molto importante per vari motivi. In primis perché è la prima di due giorni, e c’è un’eccitazione quasi “scolastica” nell’aria, mentre si fa l’appello sull’autobus in stile gita di classe.
verso la terza uscita di allenamento
Questo gruppo non smette davvero di stupire. Prima ancora che quando siamo in montagna, me ne rendo conto in occasione dei meeting per raccogliere i feedback sull’uscita precedente e di preparazione alla successiva.
Un’altra alba dà inizio a questa giornata. È una cosa che si impara presto quando si fa trekking: ci si alza insieme al sole, non c’è scampo. La strada che ci aspetta oggi è lunga, siamo diretti in Val Masino, per la seconda uscita di preparazione del progetto M4810. Percorriamo tutto il lato orientale del Lago di Como, su su verso la Svizzera, e le montagne si fanno sempre più alte man mano che ci avviciniamo al nostro punto di partenza: le pendici del Monte Disgrazia.
Verso la seconda uscita di allenamento M4810
La prima uscita di preparazione del progetto M4810 è stata un’esperienza forte. Come sempre quando ci si spinge fuori dai sentieri battuti, quando si cerca di fare qualcosa di molto innovativo per la prima volta, si deve navigare a vista. È un percorso continuo di tentativi ed errori, in cui di volta in volta si impara qualcosa da quella precedente, e ci si migliora di conseguenza.
Che la sfida abbia inizio!
Arriviamo al parcheggio a Milano, che ci siamo dati come punto d’incontro con il resto del gruppo, la mattina presto. Sono da poco passate le 7, e siccome siamo a maggio il sole è già alto nel cielo: promette una giornata bella ma calda.
Siamo ancora molto lontani da una qualsiasi montagna, ma la tensione nell’aria è palpabile. In fondo quello che queste persone stanno per fare, quello che tutti noi iniziamo a prepararci a fare, ha dell’incredibile.
Non capita tutti i giorni che un’intera organizzazione, tutti i dipendenti di un’azienda leader nel settore della consulenza aziendale, si ritrovino in una stanza a parlare di come affrontare un’ascesa alla cima del Monte Bianco. Non è proprio quello che si definirebbe una normale giornata di lavoro a Milano, né un obiettivo di business che ci si aspetterebbe.
The journey
M
3061
Mont Fallère
È la prima vetta oltre i 3.000m del nostro progetto
Il Mont Fallère si trova nelle Alpi del Grand Combin in Valle d'Aosta.
Collocato tra la Valle del Gran San Bernardo e la Valdigne, rappresenta un ottimo ingresso nel magico mondo dei Tremila. Il Mont Fallère, situato nel cuore della Valle d'Aosta propone una vista panoramica a 360° su tutte le vette valdostane. Il tracciato non è da sottovalutare ma in definitiva non presenta che lievi difficoltà alpinistiche e solo nel tratto di cresta finale.
Saliamo in due tappe: il primo giorno fino al Rifugio Fallère; il secondo giorno arriviamo alla vetta e poi scendiamo a valle.
Leggi l'articolo di questa uscita :)
M
3128
Punta Lechaud
La nostra prima salita alpinistica ad una cima
La Punta Léchaud (3.128m) si trova lungo la linea di confine tra l'Italia (Valle d'Aosta) e la Francia (Savoia). Si trova a sud del Col della Seigne (2.512m) tra la valdostana val Veny e la savoiarda Valle dei Ghiacciai.
Saliamo in due tappe: nella prima giornata camminiamo da La Visaille al Rifugio Elisabetta Soldini (2.195m); nella seconda giornata salita alla punta e ritorno a La Visaille.
Dal Rifugio si sale al Colle di Chavannes (2.603m); dal colle si deve abbandonare il sentiero segnalato che inizia a scendere nel Vallone di Chavannes, seguendo un sentiero sulla destra che attraversa in piano il ripidissimo versante orientale del Monte Lechaud. La traccia prosegue sulla destra, sempre non lontana dalla cresta del Monte Lechaud e supera un valloncello di pietrame o neve, raggiungendo l'ampia conca dove è collocato il Ghiacciaio di Chavannes. Calzati i ramponi si mette piede sul ghiacciaio salendo in diagonale verso sinistra. Dal dosso si volge gradualmente a destra puntando direttamente alla cima, che si raggiunge superando alcuni tratti di facili roccette a gradoni. Panorama vastissimo e spettacolare sul versante italiano del Monte Bianco.
Leggi l'articolo di questa uscita :)
M
3842
Vallée Blanche
Traversata a piedi del ghiacciaio del Gigante verso l'Aiguille du Midi
Benché possa sembrare una "passeggiata panoramica", la Vallée Blanche non va sottovalutata, in quanto si tratta di un itinerario che prevede l'attraversamento del ghiacciaio del Gigante. È sempre necessario farsi accompagnare da una Guida Alpina che conosca molto bene l’itinerario e sappia leggere i pericoli.
Saliamo con funivia a Punta Helbronner (3.462m), indossiamo imbrago e ramponi e ci leghiamo in cordata.
Il primo tratto ci fa perdere quota e poi si inizia a risalire verso l'Aiguille du Midi. L'ultimo tratto prevede la risalita di crinale e cresta innevata dell'Aiguille du Midi, con arrivo a 3.842m.
Il ritorno è con i panoramici ovetti che ci riportano a Punta Helbronner.
M
4559
Monte Rosa
2 giorni di full-immersion sul Monte Rosa per approfondire le tecniche alpinistiche.
Il Monte Rosa o Massiccio del Monte Rosa è un massiccio montuoso delle Alpi, posto nella sezione alpina delle Alpi Pennine, lungo il confine spartiacque tra Italia (al confine tra Valle d'Aosta e Piemonte) e Svizzera, che dà il nome al supergruppo delle Alpi del Monte Rosa, composto da diversi e importanti gruppi e sottogruppi, a est del Cervino e a sud-est del Massiccio del Mischabel. È il più esteso massiccio delle Alpi, il secondo per altezza dopo il Monte Bianco, il monte più alto della Svizzera e il secondo d'Italia, nonché quello con l'altitudine media più elevata: vi appartengono 9 delle prime 20 cime più alte della catena alpina.
M
4061
Gran Paradiso
Il Gran Paradiso è l'unica montagna di 4000m totalmente in territorio italiano.
Il Gran Paradiso è l'unica montagna di 4000m totalmente in territorio italiano. Classica e affascinante salita: dopo una prima parte su ghiacciaio, per poter raggiungere vetta con la statua della Madonna, bisogna superare alcuni semplici passaggi di roccia.
M
4810
Monte Bianco
Il Monte Bianco (Mont Blanc in francese e in arpitano) è una montagna situata nel settore delle Alpi Nord-occidentali, lungo la sezione alpina delle Alpi Graie, sulla linea spartiacque tra la Valle d'Aosta (val Veny e val Ferret in Italia) e l'Alta Savoia (valle dell'Arve in Francia), nei territori comunali di Courmayeur e Chamonix, che dà il nome all'omonimo Massiccio del Monte Bianco, appartenente alla sottosezione delle Alpi del Monte Bianco.
Con i suoi 4.808,72 m d'altezza (ultima misura ufficiale il 13 settembre 2017) è la montagna più alta delle Alpi, d'Italia, di Francia e in generale dell'Europa se si esclude il Caucaso: da qui il suo soprannome di Re delle Alpi. Condivide assieme al Monte Elbrus nel Caucaso un posto tra le cosiddette Sette Sommità del Pianeta.
Prevalentemente di natura granitica, irta di guglie e di creste, intagliata da profondi valloni nei quali scorrono numerosi ghiacciai, è considerata una montagna di grande richiamo per l'alpinismo internazionale e, da un punto di vista della storiografia alpinistica, la nascita dell'alpinismo coincide con la data della sua prima ascensione: l'8 agosto 1786.