M4810 #3: il passo lento che porta sul Rosa

Capanna Margherita - 4.554m - Prima parte

Tu-tump, tu-tump, tu-tump…

Da qualunque lato mi giri, continuo a sentire questo rumore assordante nelle orecchie.

Paradossale: non è il russare dei miei compagni di camerata in rifugio che mi tiene sveglia, ma il battito del mio cuore. 

Un suono a cui siamo abituati, ma che ai 3.498m del Rifugio Mantova, percepibilmente accelerato dall’altitudine, diventa un rumore che rimbomba nelle orecchie.

Quello, e il pensiero di ciò che dovremo fare tra poche ore: alle 4 meno dieci suonerà la sveglia e ci prepareremo per uscire nel buio della notte e iniziare la scalata verso Capanna Margherita. 

Il mio cuore già batte troppo veloce così, sdraiata a letto: cosa farà lassù allora?

Non sono la sola a sentirsi strana: nella camerata silenziosa si sentono costantemente i movimenti dei miei compagni di viaggio. Chi per il mal di testa, chi per la semplice eccitazione, quasi nessuno di noi riesce a dormire più di qualche ora.

Durante l’ennesima tappa al bagno, mentre risalgo le scale che portano alla camerata e sento l’affanno afferrarmi i polmoni per questo gesto semplice ma improvvisamente complesso, mi chiedo se tutto questo non sia una follia.

Monte Rosa

Ricominciare a camminare

Fino a qualche mese fa, l’idea di ricominciare questo progetto era solo un bel sogno. Dopo lo stop del Covid a M4810c’era stata qualche occasionale battuta, ma non avevo più realmente pensato che sarei arrivata a scalare le cime più alte d’Italia narrando le gesta di questo gruppo di consulenti milanesi evolutosi in alpinisti

E poi una telefonata: M4810 riparte, ci sarai?

Non si può dire di no a certe proposte.

Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo la preparazione, e questo finale (che per qualcuno è un inizio) è ricco di sfide in tal senso, perché non c’è stato il tempo né la possibilità di strutturare un percorso completo come due anni fa.

Non solo: tante condizioni non sono ideali, come il caldo fuori norma che questo giugno ha portato e l’assenza di pioggia, che minacciano il ghiaccio su cui dovremo camminare. Ma ormai lo sappiamo, il Covid ce l’ha insegnato: le condizioni ideali non esistono.

E così abbiamo iniziato il nostro trekking da Punta Indren, 3.275m raggiunti con una corsa in funivia che non aiuta l’acclimatamento. 

Attraversiamo un primo tratto di ghiacciaio che di ghiaccio ha ormai ben poco: è quasi completamente coperto da detriti. Si chiama “ghiacciaio nero”, ci dicono le guide, e la sua espansione nelle nostre Alpi è uno dei tanti segni tangibili del riscaldamento globale che stiamo vivendo, oltre a diventarne una concausa perché le rocce scure contribuiscono a scaldare il ghiaccio e accelerarne lo scioglimento.

Monte Rosa

Serve Kalipè

Il tratto che ci aspetta oggi è limitato, il rifugio Città di Mantova si trova a circa 3.500 metri, ma è già un’altitudine di tutto rispetto: camminare quassù comporta più fatica, richiede più calma, più lentezza.

Kalipè, come dicono le guide.

Kalipè è un augurio (e un invito) proveniente dalle zone himalayane, dove di altitudine sono esperti: significa più o meno “camminare sempre a passo corto e lento”.

Il nostro Arnaud, il responsabile del gruppo di guide alpine di Courmayeur che ci accompagna in queste imprese da ormai 4 anni, lo chiama più semplicemente “passo della guida”.

Prova a spiegarcelo nuovamente dopo la cena in rifugio, durante il briefing in cui ci racconta gli ultimi dettagli dell’ascesa che ci aspetta: è un modo di camminare essenziale in montagna, ritmato, costante, senza strappi. Un passo che ha come una piccola pausa tra l’uno e il successivo. È il ritmo che ci porterà in cima al Rosa, ci promettono - e anche oltre, se lo sapremo seguire.

Annuiamo, seppur visibilmente poco convinti. Siamo silenziosi, ma vedo riflessi negli occhi dei miei compagni le stesse paure che affliggono me: di non farcela, di stare male, di essere d’intralcio, di sbagliare…

Ma nessuno dice nulla, quindi andiamo a dormire. Se di dormire si può parlare, poi.

Quando al “mattino”, ovvero alle 4 di notte, ci troviamo a fare colazione, non c’è quasi nessuno che non stia accusando i colpi della nottata, e chi manca manifesterà qualcosa a fine giornata: mal di testa, stanchezza, problemi di stomaco, affanno,…

Sarà una lunga giornata, ma questo già lo sapevamo. A ben vedere, forse è proprio per questo che lo facciamo

È in questa sfida oltre i limiti del proprio corpo e della propria mente, così lontano dalla nostra zona di comfort, che si gioca la partita. È qui che avviene il cambiamento.

Alba a quattromila metri

Monte Rosa

Usciamo accolti da un’aurora silenziosa e limpida, in una notte parecchio più calda di quello che ci aspettavamo. Sembra una buona notizia, ma in verità forse non lo è: il clima caldo è ciò che sta rendendo sempre più problematiche le uscite alpinistiche, e le guide notano subito che la visibilità è buona ma il cielo è coperto di nuvole che si muovono veloci…in quota potremmo trovare vento e nebbia.

Ci dividiamo in cordate e, ramponi ai piedi, iniziamo a camminare: sollevo-appoggio-pausa, sollevo-appoggio-pausa, sollevo-appoggio-pausa.

Guardo il passo della guida davanti a me e mi sforzo di seguirlo. Mi sembra strano, forzato, ma se lo usano loro significa che funziona no? 

Sollevo-appoggio-pausa, sollevo-appoggio-pausa…

Sento che il cuore rimane stranamente regolare, mentre stanotte solo fare le scale per il bagno mi mandava i battiti a mille.

Mi sembra che procediamo lenti, estenuantemente lenti. Altre cordate ci superano con ritmo più sostenuto, mentre ci avviciniamo ai primi inquietanti crepacci diretti al Colle del Lys. 

Ferite azzurre nel bianco della neve, buchi tanto affascinanti quanto spaventosi che si aprono per chissà quanti metri sotto di noi…ci buttiamo uno sguardo veloce mentre li superiamo il più rapidamente possibile, passando sui famosi “ponti di neve” che compongono la traccia.

Monte Rosa

Sollevo-appoggio-pausa, sollevo-appoggio-pausa…

La salita si fa più sostenuta, ma il battito del cuore incredibilmente rimane costante. Sorrido, pensando che forse sono stata troppo dubbiosa, che forse possiamo davvero farcela tutti quanti.

Sorrido…ma poi il sorriso mi si gela sulle labbra.

Valichiamo un colle e improvvisamente ci investe un vento freddo e una nebbia spessa che fa sparire alla vista la cordata davanti a noi: il maltempo che le guide temevano ci ha raggiunti, o meglio noi abbiamo raggiunto lui.

Fine prima parte

The journey

1

M

3061

Mont Fallère

Methodos - M4810 - Mont Fallère

È la prima vetta oltre i 3.000m del nostro progetto

Il Mont Fallère  si trova nelle Alpi del Grand Combin in Valle d'Aosta.

Collocato tra la Valle del Gran San Bernardo e la Valdigne, rappresenta un  ottimo ingresso nel magico mondo dei Tremila. Il Mont Fallère, situato nel cuore della Valle d'Aosta propone una vista panoramica a 360° su tutte le vette valdostane. Il tracciato non è da sottovalutare ma in definitiva non presenta che lievi difficoltà alpinistiche e solo nel tratto di cresta finale.

Saliamo in due tappe: il primo giorno fino al Rifugio Fallère; il secondo giorno arriviamo alla vetta e poi scendiamo a valle. 

Leggi l'articolo di questa uscita :)

2

M

3128

Punta Lechaud

La nostra prima salita alpinistica ad una cima

La Punta Léchaud (3.128m) si trova lungo la linea di confine tra l'Italia (Valle d'Aosta) e la Francia (Savoia). Si trova a sud del Col della Seigne (2.512m) tra la valdostana val Veny e la savoiarda Valle dei Ghiacciai.

Saliamo in due tappe: nella prima giornata camminiamo da La Visaille al Rifugio Elisabetta Soldini (2.195m); nella seconda giornata salita alla punta e ritorno a La Visaille. 

Dal Rifugio si sale al Colle di Chavannes (2.603m); dal colle si deve abbandonare il sentiero segnalato che inizia a scendere nel Vallone di Chavannes, seguendo un sentiero sulla destra che attraversa in piano il ripidissimo versante orientale del Monte Lechaud. La traccia prosegue sulla destra, sempre non lontana dalla cresta del Monte Lechaud e supera un valloncello di pietrame o neve, raggiungendo l'ampia conca dove è collocato il Ghiacciaio di Chavannes. Calzati i ramponi si mette piede sul ghiacciaio salendo in diagonale verso sinistra. Dal dosso si volge gradualmente a destra puntando direttamente alla cima, che si raggiunge superando alcuni tratti di facili roccette a gradoni. Panorama vastissimo e spettacolare sul versante italiano del Monte Bianco.

Leggi l'articolo di questa uscita :)

 

3

M

3842

Vallée Blanche

Methodos - M4810 - Vallée Blanche

Traversata a piedi del ghiacciaio del Gigante verso l'Aiguille du Midi

Benché possa sembrare una "passeggiata panoramica", la Vallée Blanche non va sottovalutata, in quanto si tratta di un itinerario che prevede l'attraversamento del ghiacciaio del Gigante. È sempre necessario farsi accompagnare da una Guida Alpina che conosca molto bene l’itinerario e sappia leggere i pericoli.

Saliamo con funivia a Punta Helbronner (3.462m), indossiamo imbrago e ramponi e ci leghiamo in cordata. 

Il primo tratto ci fa perdere quota e poi si inizia a risalire verso l'Aiguille du Midi. L'ultimo tratto prevede la risalita di crinale e cresta innevata dell'Aiguille du Midi, con arrivo a 3.842m. 

Il ritorno è con i panoramici ovetti che ci riportano a Punta Helbronner. 

4

M

4559

Monte Rosa

Methodos - M4810 - Monte Rosa

2 giorni di full-immersion sul Monte Rosa per approfondire le tecniche alpinistiche.

Il Monte Rosa o Massiccio del Monte Rosa è un massiccio montuoso delle Alpi, posto nella sezione alpina delle Alpi Pennine, lungo il confine spartiacque tra Italia (al confine tra Valle d'Aosta e Piemonte) e Svizzera, che dà il nome al supergruppo delle Alpi del Monte Rosa, composto da diversi e importanti gruppi e sottogruppi, a est del Cervino e a sud-est del Massiccio del Mischabel. È il più esteso massiccio delle Alpi, il secondo per altezza dopo il Monte Bianco, il monte più alto della Svizzera e il secondo d'Italia, nonché quello con l'altitudine media più elevata: vi appartengono 9 delle prime 20 cime più alte della catena alpina.

5

M

4061

Gran Paradiso

Methodos - M4810 - Gran Paradiso

Il Gran Paradiso è l'unica montagna di 4000m totalmente in territorio italiano.

Il Gran Paradiso è l'unica montagna di 4000m totalmente in territorio italiano. Classica e affascinante salita: dopo una prima parte su ghiacciaio, per poter raggiungere vetta con la statua della Madonna, bisogna superare alcuni semplici passaggi di roccia.

6

M

4810

Monte Bianco

Methodos - M4810 - Monte Bianco

Il Monte Bianco (Mont Blanc in francese e in arpitano) è una montagna situata nel settore delle Alpi Nord-occidentali, lungo la sezione alpina delle Alpi Graie, sulla linea spartiacque tra la Valle d'Aosta (val Veny e val Ferret in Italia) e l'Alta Savoia (valle dell'Arve in Francia), nei territori comunali di Courmayeur e Chamonix, che dà il nome all'omonimo Massiccio del Monte Bianco, appartenente alla sottosezione delle Alpi del Monte Bianco.

Con i suoi 4.808,72 m d'altezza (ultima misura ufficiale il 13 settembre 2017) è la montagna più alta delle Alpi, d'Italia, di Francia e in generale dell'Europa se si esclude il Caucaso: da qui il suo soprannome di Re delle Alpi. Condivide assieme al Monte Elbrus nel Caucaso un posto tra le cosiddette Sette Sommità del Pianeta.

Prevalentemente di natura granitica, irta di guglie e di creste, intagliata da profondi valloni nei quali scorrono numerosi ghiacciai, è considerata una montagna di grande richiamo per l'alpinismo internazionale e, da un punto di vista della storiografia alpinistica, la nascita dell'alpinismo coincide con la data della sua prima ascensione: l'8 agosto 1786.