Siamo ancora molto lontani da una qualsiasi montagna, ma la tensione nell’aria è palpabile. In fondo quello che queste persone stanno per fare, quello che tutti noi iniziamo a prepararci a fare, ha dell’incredibile.
Non capita tutti i giorni che un’intera organizzazione, tutti i dipendenti di un’azienda leader nel settore della consulenza aziendale, si ritrovino in una stanza a parlare di come affrontare un’ascesa alla cima del Monte Bianco. Non è proprio quello che si definirebbe una normale giornata di lavoro a Milano, né un obiettivo di business che ci si aspetterebbe.
Eppure ha perfettamente senso, perché Methodos fa proprio questo: Change Management. Insegna alle aziende a cambiare. Insegna alle persone nelle organizzazioni a non temere il cambiamento, le sfide, la difficoltà di un percorso lungo e incerto. E questa volta, lo sta facendo fuor di metafora, su se stessa.
Ci saranno una trentina di persone nella stanza, e mentre Filippo, l’amministratore delegato del gruppo, parla, c’è un silenzio solenne interrotto da qualche risatina nervosa. Sta raccontando cosa significa questo progetto per lui, per l’azienda, per tutti i presenti: una sfida, un modo per cambiare la propria attitudine e accrescere il proprio mindset, ma più di tutto, uno stimolo a scoprire qualcosa di nuovo. Su se stessi, sui colleghi, sulle proprie potenzialità. È una grande occasione per tutti, di fare qualcosa che la maggior parte delle persone non pensano nemmeno di fare in una vita intera. E lo sanno tutti, nella stanza. Ma questo non li rende meno preoccupati.
Poi prende la parola il medico, un preparatore atletico esperto di alta montagna, che è abituato a gestire sportivi di alto livello, a tenerne sotto controllo le capacità. Dev’essere strano per lui, trovarsi in questo contesto così diverso! Dalle sua parole traspare la consapevolezza del suo compito, ma anche la voglia di instillare in tutti i presenti l’amore per la montagna, la voglia (e la sensazione) di farcela.
Mi piace il suo approccio, perché capisce subito chi ha davanti: l’età varia dal ventenne al sessantenne, i capelli imbiancati che si trova davanti non sono pochi, ma tutti hanno una forma fisica invidiabile. È chiaro che non c’è nessun impedimento oggettivo alla riuscita della spedizione. È solo una questione di preparazione e di gradualità: da qui al 2020, queste persone dovranno allenarsi, provarci, crederci.
L’unico vero, reale impedimento è quello mentale. Mindset, appunto. Pochi, pochissimi sanno cosa significhi anche ad un livello base l’alpinismo. Alcuni hanno fatto qualche escursione in montagna, la maggior parte sono probabilmente più tipi da mare. Eppure, nel prossimo anno e mezzo si cimenteranno in quest’avventura, in una sfida con se stessi e con la propria comfort zone. Hanno paura, giustamente. Ne ho anche io, che sono chiamata a guardare e raccontare dall’esterno questo straordinario progetto, e che per farlo lo vivrò con loro di step in step, un’uscita dopo l’altra.
E così il medico scoperchia subito il vaso di Pandora. “Cosa vi spaventa?”, chiede subito. Qualche secondo di silenzio, e poi le mani che si alzano timide. Il freddo, l’igiene, la dieta, l’altitudine, la fatica, il senso di inadeguatezza rispetto ai compagni, sentirsi con le spalle al muro...una dopo l’altra le paure vengono fuori, e gradualmente si percepisce la tensione sciogliersi, perché probabilmente ciascuno riconosce nelle parole degli altri anche la propria ansia. Ma anche la voglia di farcela, la consapevolezza di essere un team, e della straordinarietà dell’esperienza che li aspetta.
Il medico tranquillizza e informa, calmo e pacato come solo chi conosce la montagna per esperienza diretta sa essere. Sono tutte cose che probabilmente già sanno: che nessuno viene lasciato indietro, che è sempre il più lento a dettare il passo, che questa è un’occasione di team building e di trovare il proprio ruolo in questa grande macchina che si muove verso uno scopo. Ma sentirle dire in maniera esplicita, rende tutti più sereni. Poi passa alle cose più tecniche: i principi della preparazione atletica nel lungo termine, l’alimentazione, gli step graduali da compiere per arrivare, un passo alla volta, alla cima. Sempre più sorrisi, risate, battute ironiche. Si percepisce l’affiatamento di questo gruppo, e forse proprio perché sono esterna lo colgo ancora di più. E sento che ce la faranno, appunto per questo.
Forse non tutti, forse qualcuno che era sicuro di farcela non se la sentirà e si tirerà indietro...ma altri, che erano certi che non avrebbero mai visto la vetta, si troveranno lassù, a 4.810 metri, a esultare e a portare la bandiera anche per i compagni, che li hanno sostenuti in tutto il cammino.
È il bello di questo percorso, e di essere qui per raccontarlo. Che scopriremo insieme cosa succederà, un passo alla volta.