L’analisi dei rischi è uno dei temi più sentiti dalle aziende. In un mercato in cui i costi delle organizzazioni si alzano inesorabilmente, sbagliare è una spesa che molti non vogliono e non possono permettersi.
Così sempre più spesso tra le priorità aziendali c’è il tentativo di ridurre il più possibile la presa di rischio e l'errore, standardizzando al massimo l'ordinario. Procedure fisse, attività ripetute, task consolidati: le organizzazioni utilizzano tutti gli strumenti a disposizione per rendere impeccabile l'execution e ridurre il rischio di errore.
Questo ovviamente è molto utile nelle attività ordinarie, nell’implementazione di processi standard per la produzione di output consolidati.
Ma quando si deve innovare? Quando lo scopo non è produrre il solito risultato, ma alzare l’asticella? Il miglioramento costante è necessario per non restare indietro ed essere superati. Non c’è solo la disruption, anzi, spesso è proprio l’“innovazione incrementale” che permette alle aziende di restare sulla cresta dell’onda, e per poterla raggiungere serve il mindset giusto, uno di cambiamento continuo.
Come ben sappiamo questa non è una sfida riservata alle aziende tecnologiche ma una conditio sine qua non per restare nel mercato ed essere competitivi, valida in tutti i campi. Quando entri in questo nuovo ambito, quello della "sperimentazione", devi cercare di fare qualcosa di nuovo: se il risultato già noto non basta più, l’unico modo per ottenerne uno diverso è cambiare qualcosa lungo il percorso.
Qui DEVI concederti dei margini di errore, non c’è altra strada: non esiste innovazione senza rischio di errore. Ma in questo caso, se viene ben inteso, non è una possibilità negativa. È un altro modo di intendere l’errore, non più come un costo non recuperabile ma come un investimento con potenziale ROI altissimo. Sono due mondi diversi.
Così, se da una parte le aziende puntano a standardizzare i processi, dall’altra hanno imparato a concedere spazi di tolleranza più ampia in ambito di ricerca, calcolando esattamente quanto possono permettersi di rischiare (in termini soprattutto economici).
Il fallimento in questo contesto è contemplato, anzi dev’essere quasi benvenuto, purché da esso si apprenda.
M4810 rappresenta, dal punto di vista aziendale e di metodologia di Change Management, questo secondo tipo di innovazione. Quando si muovono i primi passi su un terreno ignoto, come quello dell’applicazione delle tecniche di Change in situazioni estreme, lontane dalla comfort zone della scuola di pensiero classica, ogni risultato è un’occasione per imparare.
Siamo qui per validare o meno determinate teorie e pratiche. Siamo qui per insegnare ai nostri clienti a fare lo stesso, mettendoci in gioco noi per primi.
Ma dal punto di vista della montagna, la prospettiva cambia completamente. Lassù, tra cime e neve, siamo nel terreno dell’imprevedibile per antonomasia.
E la tolleranza all’errore in montagna è molto, molto diversa. L’obiettivo consolidato è la massima riduzione del rischio, posto che non è possibile annullarlo completamente e che ci saranno sempre minacce da tenere in considerazione.
Si deve quindi pretendere un approccio più simile al primo tipo, ridurre al minimo la possibilità di errore “prevedibile” perché ci saranno sempre variabili impreviste, i rischi oggettivi e soggettivi. Dobbiamo sforzarci di arrivare al massimo livello possibile di capacità previsionale, ma non saremo mai sicuri al cento per cento.
La scelta di quando scalare il Monte Bianco ne è un esempio perfetto: in una finestra temporale estiva di circa 3 mesi, quando il rischio è minore?
Questa è la domanda che ha guidato noi e le guide alpine nella scelta di una data a luglio, così come per ogni altra decisione legata al progetto.
Insomma, ci sono due anime in una spedizione come M4810, due facce della stessa medaglia da far convivere ed equilibrare. La spinta necessaria verso un Change di innovazione e la sperimentazione, da una parte. Dall’altra, la presa salda e irrinunciabile sulla sicurezza e la riduzione al minimo del rischio.
Occorre portare a standardizzazione l’efficienza incrementale, cercando lì dentro lo spazio per cambiare e innovare, letteralmente “step by step”.