Quello che tutti qui stanno affrontando è indubbiamente un percorso a ostacoli. Riuscire a prepararsi per raggiungere la cima del Monte Bianco con consapevolezza, costruire le capacità tecniche e l’allenamento necessario, la preparazione fisica e psicologica giusta, continuando a lavorare e a vivere la propria vita come se nulla fosse cambiato...
È una sfida enorme per tutti.
Certe sfide, però, sono più grandi di altre. È quello che penso con ammirazione e stupore mentre osservo Lilli camminare davanti a me, con passo costante e fermo, leggermente più lento di quello di altri membri del gruppo ma pur sempre un’andatura da vera montanara. Se non fosse per quella gamba destra che trascina un po’, in maniera quasi impercettibile, non mi renderei minimamente conto della lotta che sta combattendo...a volte vincendo, altre meno.
Lilli è una grande amante della montagna. Fa lunghe passeggiate da sempre, tanto che la meta di questa spedizione l’ha già vista molto bene da vicino, quando ha percorso il classico tour del Monte Bianco. Sarebbe una delle persone più pronte ad affrontare questo progetto, probabilmente si ritroverebbe ad arrivare tra i primi in vetta a ogni uscita, se non fosse che oltre allo zaino porta sulle spalle un altro grande peso. Anzi, sulle gambe. La sclerosi multipla.
“Ti sto rallentando? Vuoi passare?”, mi chiede, fermandosi con un sorriso.
“No, tranquilla. Adoro camminare lentamente in montagna”, rispondo sincera. E così iniziamo a chiacchierare...e non smetteremo di farlo fino a che non risaliremo sull’autobus verso Milano per tornare a casa!
“Sai, convivo con questa cosa da vent’anni. L’esordio è stato duro – non camminavo più, ho avuto paura che non mi sarei ripresa. Invece fino a poco tempo fa sono stata fortunata. Superati gli attacchi che ogni tanto colpivano, riuscivo a fare molto di quello che amo: montagna, corsa, ogni tipo di attività! Poi, 5 anni fa, un crollo, lento ma deciso: fine della corsa, fine dei tacchi alti, passo insicuro”.
Mentre mi racconta queste cose, lo fa con un sorriso che non lascia dubbi sul motivo per cui sia così amata da tutto il team. È una forza e sento un’ammirazione indescrivibile. Spinge con i suoi bastoncini ricurvi, da nordic walking, aiutando e accompagnando ogni passo con le braccia. Le chiedo cosa ha pensato quando le hanno parlato del progetto M4810. Insomma, lavori per un’azienda di consulenza di Change Management e ti propongono di affrontare un cambiamento che non sai se il tuo corpo ti permetterà di fare. Questa sì che è una prova. E lei si mette a ridere!
“L’idea mi è piaciuta tantissimo, ovviamente! Era una sfida senza precedenti per me. Non sapevo cosa sarebbe successo, non lo so tutt’ora. Ogni giorno, a ogni uscita, mi dico “vediamo dove arrivo”. Penso che non ce la farò, nemmeno ad affrontarne una parte. E poi invece vedo con soddisfazione che ce la faccio. E mi carico per la tappa successiva.
La prima uscita è stata la peggiore, è stata davvero difficile, anche perché non ero più allenata. Mi sono detta che questa avventura sarebbe finita subito, che non avrei mai raggiunto una vetta con il resto del gruppo. Alla terza tappa, dopo aver saltato la seconda, ero partita scoraggiata. E invece...e invece le mie gambe mi hanno sorpreso! Non ho provato a raggiungere la vetta del Monte Fallère solo perché non ero sicura della parte di via ferrata da affrontare, ma mi sarei quasi sentita di farlo. E quest’estate mi sono allenata così tanto, sono stata in montagna tutto il tempo, volevo davvero riuscire a raggiungere la vetta…ma questa volta le mie gambe forse non sono d’accordo”.
Si ferma, ed entrambe guardiamo in alto, verso i compagni ben più avanti di noi. È vero, siamo lontani. E camminando dietro di lei mi accorgo che la sua fatica sta aumentando, anche se non dice nulla. Mi chiedo se non le stia facendo un dispetto a chiacchierare così, magari vorrebbe concentrarsi di più sulla camminata. Ma dopo pochi secondi di contemplazione lei riprende a muoversi, e a parlare.
“Comunque, sto continuando ad allenarmi sotto diversi punti di vista. Sai, ci sono vari aspetti da controllare: faccio yoga per l’equilibrio, nordic walking per la potenza, fisioterapia...quest’avventura è solo un’altro pezzo del puzzle! In fondo, ho sempre sostenuto che lo sport sia fondamentale per combattere questa malattia, anche vent’anni fa, quando non c’erano studi a dimostrarlo. E oggi, invece, ci sono tante conferme! Anche perché la depressione in alcuni casi è il risultato dei processi patologici della SM. Non è facile tenere su l’umore, è quella la vera sfida. E lo sport è...semplicemente fantastico. Come quella volta che ho riprovato a correre: non credevo ci sarei riuscita. E invece, è stato incredibile: mi viene da ridere a dirlo ma sembravo Forrest Gump, le “rigidità” delle mie gambe si sono spezzate un passo alla volta e...correvo! Correvo di nuovo”.
Ci fermiamo ancora. Ormai il resto del gruppo non si vede più, siamo rimasti in 5 e il tempo sta peggiorando: grosse nuvole si arrotolano sopra di noi, sembra che a breve ci inghiottiranno. E fa un freddo micidiale, un vento gelido che entra nelle ossa! Indossiamo tutti gli strati che abbiamo, soprattutto Lilli che era praticamente in maglietta, e ci rimettiamo in marcia. Abbiamo deciso che la vetta per oggi aspetterà, e un pochino siamo anche felici di non trovarci insieme agli altri in mezzo alle nuvole basse, battuti dal vento e dalla nebbia. Ma non per questo dobbiamo farci mancare la vista!
E così ci dirigiamo verso uno sperone di roccia a picco sulla valle, qualche chilometro più a monte, questa volta in silenzio o parlando d’altro. E raggiungiamo infine, dopo un’altra buona mezz’ora di camminata, la NOSTRA vetta.
La vista è bellissima, non offuscata dalle nuvole che invece ci si appoggiano sulla testa. E non può mancare la foto della vittoria di rito!
Mentre ci sediamo ad addentare panini, barrette e mandorle, per ricaricarci prima di iniziare con calma a scendere, Lilli si mette a ridere e sbotta:
“Che testona che sono stata! Il freddo, l’ho sottovalutato. Mi sentivo così rigida, molto più del solito. Ero così abbattuta, dopo tutto il mio allenamento. E invece ora che mi sono coperta e riscaldata, potrei quasi ripartire per salire con gli altri! Ormai è tardi, ma so che ci riproverò la prossima volta. Mi serve vestirmi bene...e la musica classica”.
“La musica classica?”, chiediamo sorpresi.
“Sì, mentre salgo mi concentro sui miei passi e nella mente prende forma un ritmo, una melodia. È un bel modo di farmi accompagnare, quando vado in montagna”.
Riprendiamo a camminare, e la discesa è per tutti più ardua che la salita. I grossi sassi che formano il sentiero sono instabili, e la forza di gravità questa volta ci spinge verso il rischio di una caduta facile.
Vorrei lasciare in pace Lilli, lasciarle godere la sua musica, ma sono troppo ammirata dal suo spirito e dalla sua forza, e non riesco a trattenermi.
“Lilli, ma come ti senti davanti a questa avventura? Come la affronti, ad ogni passo?”. Non parlo solo delle uscite di trekking, in realtà. E lei sembra saperlo.
“Sai, è come se ci fossero due percorsi paralleli che sto affrontando. Nel progetto M4810 così come nella malattia. Uno mentale, di scoperta di cose che non conoscevo, di nuove sfide ma anche di nuove conquiste. E uno fisico. E in quello fisico, ti accorgi con piacere che il tuo corpo prova sempre ad affrontare il cammino, un nuovo passo alla volta. Si reinventa di continuo, impara a sostituire le cose che non sa più fare con certi muscoli, e ne utilizza altri. E così, ogni volta imparo come andare un po’ più lontano, come fare un movimento in più. Se e quando mi renderò conto che non posso più compensare con altro, aiuterò il resto del gruppo ad arrivare in vetta senza di me”.