Una delle prime volte che ho parlato con Martina eravamo in autobus, diretti verso una delle tante montagne che abbiamo affrontato finora in questa spedizione.
Tra qualche chiacchiera e le classiche domande da prime volte, le chiedo di dove sia.
Fissa gli occhi verdi sul finestrino alle mie spalle e con un gesto della mano indica vagamente il bosco sulle montagne dietro di me. “Praticamente di qui!“
Capisco tante cose, in quel momento. Capisco il suo abbigliamento tecnico fin dalle prime uscite, prima di ricevere l'attrezzatura Salewa. Capisco il motivo per cui quando arrivo stremata alla maggior parte delle vette, la trovo puntualmente lì ad aspettare sorridente. Capisco anche che probabilmente i suoi occhi verdi devono aver preso in prestito un po’ di colore dalle montagne che chiama casa.
Eccola, è una delle vere montanare del gruppo, nel senso più specifico del termine. È di Varzo, provincia di Verbania, nata e cresciuta tra le montagne piemontesi.
Oltre a tante passeggiate di gioventù e con il CAI, ha alle spalle un corso di alpinismo con il CAI, un paio di vette come il Monte Leone e, più di recente, anche il mitico trekking per l’Everest Base Camp!
Niente di più naturale, quindi, che sia una delle persone incaricate delle tante funzioni organizzative per la spedizione!
È lei che si occupa del sito M4810.com, lei che organizza le uscite, che si coordina con CAI e Guide Alpine, che insieme a loro e ad alcuni colleghi appassionati di montagna (Matteo, Paolo e Viola) valuta la fattibilità dei percorsi.
L'onore e l'onere, perché con i ruoli più strategici come questi, vengono anche questioni spinose.
È una delle persone che, più di tutte, si interroga sulla fattibilità di questa spedizione. Cosa succederà se l’innevamento non sarà adeguato? Quale via sceglieremo per salire?
E a lei ci rivolgiamo per capire come affrontare temi pratici, ai quali non sempre ci sono facili risposte: ad esempio, come è possibile includere tutti in un percorso di tre anni, anche chi arriverà in Methodos solo verso la fine del progetto?
Ci sono tante domande, e un po’ per la sua natura empatica e scrupolosa un po’ per il ruolo che si è ritrovata a coprire, se le deve per forza porre tutte.
E forse è proprio questa la sfida perfetta per lei
“Quando ho saputo che M4810 sarebbe diventato realtà, che avremmo davvero affrontato questo percorso per scalare il Monte Bianco, ero elettrizzata. Tutti erano percorsi da dubbi e ovvie paure, ma per me era semplicemente perfetto. Quasi non potevo crederci!“.
E si vede. La osservo in montagna, e non faccio che chiedermi come viva quest'esperienza, rispetto ai colleghi che invece hanno scoperto la montagna per la prima volta con le uscite della spedizione.
Da una parte bellissimo, certo, ritrovarsi a fare per lavoro ciò che è una propria passione è un sogno che diventa realtà. Ma dall'altra…non si perde qualcosa?
Infatti questo percorso, paradossalmente, sembra essere pensato proprio per chi di montagna non ne sapeva nulla. Il perfetto progetto di cambiamento, di crescita, di evoluzione.
Ma per chi, come Martina, la sfida - e l’evoluzione che porta con sé - sembra meno evidente finché siamo a queste quote più contenute? Il processo di cambiamento, la sfida della changeability che Methodos promuove, avviene tutto ugualmente?
È quello che mi chiedo proprio durante quest'ultima uscita, mentre la guardo salire lungo il pendio scosceso di ghiaccio e neve che l’ha fatta vedere brutta a più d’uno di noi. Le faccio una foto, e lei sorridente si mette in posa. “Marty, almeno fai finta di star facendo fatica!“, le dico per scherzare, e lei si mette a ridere.
Ma la mia domanda rimane lì: qual è la sua sfida?
È una prospettiva nuova, una da cui non avevo ancora mai guardato quest'avventura, e non posso non chiederglielo.
Ci riflette un attimo. “È vero, probabilmente è meno sfidante per chi già conosce la montagna. Manca quell’elemento di ignoto, la novità costante, la scoperta ad ogni passo. Quasi invidio quella sensazione, quella degli inizi.
Ma in realtà va bene così, perché sto iniziando a capire che forse la cosa più bella è proprio vedere il cambiamento degli altri, di chi non c’è mai stato e non conosce questo ambiente, di chi supera i propri limiti un passo alla volta. Ed essere lì, con gli altri, comprendere meglio me stessa anche attraverso gli occhi degli altri. È una questione di ascolto: dei miei compagni di avventura e di come io mi relaziono con loro.
È come vivere il ruolo di una consulente di change management anche in questo frangente: mentre sono in montagna per le uscite M4810 non lo faccio solo per me, per la prima volta forse, ma anche per gli altri. Li osservo mentre affrontano la propria sfida, cerco di facilitarla il più possibile...Creo un vero e proprio progetto di cambiamento, da valle alla vetta.
Mi rendo conto di dare molto più valore a questo, nelle uscite della spedizione, che a qualunque altro aspetto. E sai una cosa? L’ho capito davvero proprio oggi.
Sono per natura molto competitiva e il richiamo della vetta per me è fortissimo. Non credo di essermi mai tirata indietro.
Eppure oggi è successo, e questo mi ha fatto riflettere molto.
Dopo la prima parte della camminata con i ramponi, quando i gruppi si sono divisi, avrei voluto raggiungere il secondo colle...ma la mia cordata non aveva i giusti tempi per poterlo fare. Inizialmente mi sono sentita un po’ delusa, perché avevo tutte le energie per poterci arrivare. Poi però ho realizzato che in quel momento a contare era il risultato che avevamo raggiunto tutti insieme, e che davvero quello valeva molto di più. Ho guardato i miei compagni di cordata, colleghi e amici, li ho guardati uno per uno, e ho visto il loro sforzo, la loro sfida. Ho visto il coraggio di affrontare il cambiamento, la quota, la neve, i ramponi, la fatica. E ho visto che avevamo vinto, lo avevamo già fatto come team. E il secondo colle, per me, d'improvviso non ha contato più niente.
Ecco, questo mi sta dando una prospettiva nuova su molte cose, anche sul lavoro con i clienti.
Il tema del risultato di team contro l'individualismo del singolo è molto forte nel change management. Ci sono stati progetti studiati alla perfezione, che però non arrivavano a portare i risultati desiderati perché alcune personalità forti non riuscivano ad abbracciare totalmente la sfida di gruppo.
L’ho sempre vissuto, è vero, ma dall'esterno, come professionista.
È la prima volta che lo provo sulla mia pelle e mi accorgo davvero delle difficoltà...ma anche della naturalezza con cui si possono superare, quando si crede nella causa. E credo che questo sia uno dei più grandi insegnamenti che sto acquisendo da questa avventura, e che farà la differenza anche nei progetti con i clienti.
Mi riempie di stimoli l'idea i di poter replicare quello che stiamo facendo, quello che stiamo imparando, anche in progetti simili per altri. Mi spinge ad essere ancora più attenta e precisa in fase di pianificazione, osservando meglio le dinamiche che potrebbero essere portate come esempio, quando parliamo del progetto ad un cliente, o le possibili sfide impegnative per loro. Un intero nuovo mondo che si apre davanti a noi, non trovi?”.
Ci rifletto, e nel mentre Martina viene chiamata da un collega, che vuole appunto chiederle qualche parere sull'uscita. E sorrido, perché è in questi momenti che sento più forte che mai la presa di questa spedizione.
Non è tanto un cambiamento nei confronti della montagna quello che stanno affrontando. Siamo seri: non si tratta davvero di imparare a fare alpinismo, qui. O meglio, quella è la parte più "facile".
Loro sono consulenti di change Management, e la vera sfida che si pongono con questa spedizione è quella di andare oltre i propri limiti, oltre la propria capacità di affrontare il cambiamento.
Perché è solo così che potranno aiutare i loro clienti a fare lo stesso.