M4810 #3: Monte Fallère

Tra ferro e vento
Methodos - M4810 - Monte Fallère Tra ferro e vento

Quando suona la sveglia, quasi nessuno si trova impreparato. La maggior parte degli occhi sono già spalancati e lo sono stati per gran parte della notte, nonostante la comodità dei letti. È uno dei primi effetti che l’altitudine ha sul corpo, quando non ci si è abituati. Se poi ci mettiamo che il Genepy è stato particolarmente apprezzato da molti di noi dopo la cena, il quadro è chiaro!

Gli occhi ancora socchiusi di quasi tutti i presenti a colazione dicono chiaramente che è stata la stessa cosa per tutti, e che molti avrebbero preferito restarsene a letto che affrontare la scalata alla cima di una montagna all’alba. Soprattutto di questa montagna: il sentiero non è da tutti, con un grosso dislivello da affrontare, e una volta raggiunta l’agognata vetta ci aspetta anche una lunga cresta di via ferrata, da affrontare in cordata.

Ovviamente l’agitazione è tanta. Molti non sanno cosa aspettarsi esattamente, e questo contribuisce ad accrescere il timore. Quando la guida, la sera prima, ci ha mostrato come indossare un imbrago da arrampicata, mormorii inquieti hanno percorso i presenti. “Via ferrata”, “cresta”, “cordata”...non sono ovviamente termini familiari a dei consulenti di Change Management, abituati soprattutto alle vette dei grafici! Per questo, questa volta, siamo organizzati in maniera precisa: tutto il gruppo proverà a raggiungere la prima tappa, un lago glaciale con una splendida vista sulla vallata. Da lì, solo chi se la sentirà partirà verso la vetta, mentre una delle sei guide che ci accompagnano resterà con chi si ferma. 

Methodos - M4810 - Monte Fallère Tra ferro e vento

Già a cena molti dei colleghi hanno iniziato a prendere le distanze dall’impresa: “io penso di fermarmi al lago”, “non credo di riuscire ad arrivare in cima”, “io torno in rifugio a fare la spa!”, erano i commenti principali. Per alcuni ci sono anche dei limiti fisici da prendere in considerazione. 

Qualcuno, ad esempio, ha problemi non indifferenti con le altezze: “i miei figli ancora mi prendono in giro per quella volta che, in uno di quei ponti trasparenti panoramici, ho dovuto sedermi per terra in mezzo a tutti perché non ce la facevo a restare in piedi: mi tremavano le gambe e mi girava la testa...se mi capita così domani, cosa faccio? Dove mi siedo, sulla cima di una montagna?!”. I compagni al tavolo annuiscono silenziosi: quasi tutti hanno paura di qualcosa di simile, in fondo.

Finita la colazione, ci spingiamo fuori dal rifugio nella luce del sole già alto nel cielo, convinti di trovarci in una calda giornata estiva, ma...sorpresa! Un vento gelido ci investe con tutte le sue forze. I soft-shell di Salewa e il resto dell’attrezzatura saranno davvero fondamentali per questa uscita, un ottimo primo test della loro qualità! Ci incamminiamo sul sentiero battuto dal vento glaciale, chiacchierando e guardandoci intorno, felici che la salita non sia particolarmente impegnativa. In effetti la guida ci ha rassicurati, prima di partire: “tranquilli, è quasi tutto in piano con giusto un po’ di salita alla fine”.

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Abbiamo già imparato che le definizioni delle guide alpine non sono le stesse delle persone di città, ma nonostante siamo preparati restiamo tutti a bocca aperta quando arriviamo a quel “po’ di salita” che ci avevano prospettato. È un muro verticale! Così verticale che il sentiero sale in un precisissimo zig-zag per qualche centinaio di metri. E la nostra prima tappa è proprio lassù. In fila indiana, concentrati e affannati, iniziamo a salire. Qualcuno prova a chiacchierare, ma ci rinuncia poco dopo. Questa volta non si scherza!

Sembra che ci voglia una vita a percorrere quei pochi metri, ma quando i primi arrivano alla fine la bocca si spalanca per la sorpresa. Un bellissimo specchio d’acqua riposa davanti a noi, blu come solo un lago di montagna sa essere, incorniciato dalle vette bianche intorno.

Qualcuno si riposa, qualcun altro mangia una barretta energetica. Un gruppetto si avventura fino alla sponda, qualcuno testa persino la temperatura dell’acqua. Passano i minuti, e la maggior parte del team però ancora non si vede: ci stanno mettendo un po’ più di tempo. Non sarebbe un problema, se non fosse che il vento freddo continua a gelare il sudore sulla schiena di chi aspetta.

Methodos - M4810 - Monte Fallère Tra ferro e vento

“Forse dovremmo andare, senza aspettarli ancora. Rischiamo di ammalarci e raffreddare i muscoli”, suggerisce qualcuno. “Nel gruppo ci sono almeno 2 o 3 velocità diverse, è normale, dobbiamo prenderne atto”. Ha ragione da un lato, ovvio. Ma dall’altro, qual è il punto di tutto questo, se non di rendere tutti partecipi? Di condividere la fatica come una squadra, e permettere al maggior numero di persone possibili di raggiungere il successo? La risposta è no, questa volta. Questo obiettivo è di tutti, e tutti hanno diritto di raggiungerlo insieme.

E infatti, di lì a poco anche gli altri arrivano, stremati ma felici. La maggior parte di loro non pensava nemmeno di arrivare fin qui, quando ha visto il muro che doveva superare! Ed essere quasi tutti insieme è ovviamente una grande gioia.

Foto di rito, e si riprende a salire. Questa volta, dividerci in gruppi è obbligatorio: una decina di persone per ogni guida, legate tra loro con una corda, si avviano verso le rocce. Il sentiero ora è molto diverso, i piedi iniziano a necessitare il supporto delle mani, e guardare di sotto comincia a creare un po’ di vertigine in chi non è abituato! In certi punti, l’unica cosa tra la salita e la caduta è una scala a pioli di metallo con una catena: la famosa via ferrata.

Methodos - M4810 - Monte Fallère Tra ferro e vento

“Non guardare giù, concentrati! Guarda le tue mani, focalizzati sul sentiero. Punta a dove stai andando, non da dove sei venuto. Forza, su!”, ci incitano le guide. E, in effetti, un passo dopo l’altro, una tirata di corda dopo l’altra, saliamo. Il fatto di essere tutti legati insieme è terrificante ma dà anche un grande senso di fiducia: è più che mai una metafora del lavoro di squadra, del muoversi all’unisono. Si avanza solo se tutti sono pronti, il gruppo intero si ferma se un membro è in difficoltà. Non è solo solidarietà, è qualcosa di più: è nell’interesse di tutti che la cordata intera non trovi intoppi!

E poi, senza quasi accorgercene, tanto siamo concentrati sui piedi e sulla corda, d’improvviso ci siamo: siamo in vetta! Un gruppo, e poi un altro, e un altro ancora, finché tutta la cima del monte Fallère, a 3.061 metri, è piena dell’azzurro e del giallo delle giacche Salewa brandizzate M4810. Siamo a TREMILA METRI! Il primo Tremila! 

Methodos - M4810 - Monte Fallère Tra ferro e vento

Mi guardo intorno e mi scoppia il cuore di orgoglio: ci siamo praticamente tutti! Anche chi la sera prima era più scettico, anche chi aveva paura di non farcela, anche chi soffre di vertigini. Proprio a chi mi aveva raccontato di avere problemi con le altezze chiedo come stia andando, e mi risponde con un sorriso a trentadue denti:
“Bene, benissimo! All’inizio, quando mi sono guardata intorno, ho sentito che la testa iniziava a girare, e sono andata un po’ in panico. Ma poi mi sono concentrata, ho guardato la vetta, ho puntato la meta, e ci sono riuscita! Sentirmi legata con la corda a tutti i miei compagni, poi, mi ha dato una grande forza. Erano tutti con me”.

La sorpresa più bella? Eccolo lì: bianco e svettante, si erge inconfondibilmente tra tutte le vette che ci circondano a 360°. Il Monte Bianco. La nostra vera meta, la destinazione di questo viaggio, con i suoi 4.810 metri che danno il nome al nostro ambizioso progetto. Il Mont Fallère è solo il primo di una lunga serie di Tremila, che ci porteranno gradualmente ai Quattromila, e che infine ci permetteranno di raggiungere l’obiettivo ultimo: il Tetto d’Europa! Non sarebbe possibile pensare di farcela senza tutto il percorso di preparazione, senza passare per le singole tappe. Ognuna aggiunge qualcosa, ognuna ci porta un po’ più in alto, ma anche più in profondità. Per questo non esiste il concetto di “fallimento” in questa avventura: ogni volta si migliora, anche quando sembra che si sia ottenuto meno di quanto ci si era prefissati, si impara comunque qualcosa per la volta successiva. 

Methodos - M4810 - Monte Fallère Tra ferro e vento

Per questo tutti dovevano arrivare al lago, ma non tutti necessariamente alla vetta. Perché l’importante è il viaggio, percorrere insieme le tappe, affrontare insieme la sfida, non arrivare tutti a destinazione.

E mentre siamo lassù, e nelle fotografie “tocchiamo” con le dita il Monte Bianco, questo sembra più vero che mai.
 

The journey

1

M

3061

Mont Fallère

Methodos - M4810 - Mont Fallère

È la prima vetta oltre i 3.000m del nostro progetto

Il Mont Fallère  si trova nelle Alpi del Grand Combin in Valle d'Aosta.

Collocato tra la Valle del Gran San Bernardo e la Valdigne, rappresenta un  ottimo ingresso nel magico mondo dei Tremila. Il Mont Fallère, situato nel cuore della Valle d'Aosta propone una vista panoramica a 360° su tutte le vette valdostane. Il tracciato non è da sottovalutare ma in definitiva non presenta che lievi difficoltà alpinistiche e solo nel tratto di cresta finale.

Saliamo in due tappe: il primo giorno fino al Rifugio Fallère; il secondo giorno arriviamo alla vetta e poi scendiamo a valle. 

Leggi l'articolo di questa uscita :)

2

M

3128

Punta Lechaud

La nostra prima salita alpinistica ad una cima

La Punta Léchaud (3.128m) si trova lungo la linea di confine tra l'Italia (Valle d'Aosta) e la Francia (Savoia). Si trova a sud del Col della Seigne (2.512m) tra la valdostana val Veny e la savoiarda Valle dei Ghiacciai.

Saliamo in due tappe: nella prima giornata camminiamo da La Visaille al Rifugio Elisabetta Soldini (2.195m); nella seconda giornata salita alla punta e ritorno a La Visaille. 

Dal Rifugio si sale al Colle di Chavannes (2.603m); dal colle si deve abbandonare il sentiero segnalato che inizia a scendere nel Vallone di Chavannes, seguendo un sentiero sulla destra che attraversa in piano il ripidissimo versante orientale del Monte Lechaud. La traccia prosegue sulla destra, sempre non lontana dalla cresta del Monte Lechaud e supera un valloncello di pietrame o neve, raggiungendo l'ampia conca dove è collocato il Ghiacciaio di Chavannes. Calzati i ramponi si mette piede sul ghiacciaio salendo in diagonale verso sinistra. Dal dosso si volge gradualmente a destra puntando direttamente alla cima, che si raggiunge superando alcuni tratti di facili roccette a gradoni. Panorama vastissimo e spettacolare sul versante italiano del Monte Bianco.

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3

M

3842

Vallée Blanche

Methodos - M4810 - Vallée Blanche

Traversata a piedi del ghiacciaio del Gigante verso l'Aiguille du Midi

Benché possa sembrare una "passeggiata panoramica", la Vallée Blanche non va sottovalutata, in quanto si tratta di un itinerario che prevede l'attraversamento del ghiacciaio del Gigante. È sempre necessario farsi accompagnare da una Guida Alpina che conosca molto bene l’itinerario e sappia leggere i pericoli.

Saliamo con funivia a Punta Helbronner (3.462m), indossiamo imbrago e ramponi e ci leghiamo in cordata. 

Il primo tratto ci fa perdere quota e poi si inizia a risalire verso l'Aiguille du Midi. L'ultimo tratto prevede la risalita di crinale e cresta innevata dell'Aiguille du Midi, con arrivo a 3.842m. 

Il ritorno è con i panoramici ovetti che ci riportano a Punta Helbronner. 

4

M

4559

Monte Rosa

Methodos - M4810 - Monte Rosa

2 giorni di full-immersion sul Monte Rosa per approfondire le tecniche alpinistiche.

Il Monte Rosa o Massiccio del Monte Rosa è un massiccio montuoso delle Alpi, posto nella sezione alpina delle Alpi Pennine, lungo il confine spartiacque tra Italia (al confine tra Valle d'Aosta e Piemonte) e Svizzera, che dà il nome al supergruppo delle Alpi del Monte Rosa, composto da diversi e importanti gruppi e sottogruppi, a est del Cervino e a sud-est del Massiccio del Mischabel. È il più esteso massiccio delle Alpi, il secondo per altezza dopo il Monte Bianco, il monte più alto della Svizzera e il secondo d'Italia, nonché quello con l'altitudine media più elevata: vi appartengono 9 delle prime 20 cime più alte della catena alpina.

5

M

4061

Gran Paradiso

Methodos - M4810 - Gran Paradiso

Il Gran Paradiso è l'unica montagna di 4000m totalmente in territorio italiano.

Il Gran Paradiso è l'unica montagna di 4000m totalmente in territorio italiano. Classica e affascinante salita: dopo una prima parte su ghiacciaio, per poter raggiungere vetta con la statua della Madonna, bisogna superare alcuni semplici passaggi di roccia.

6

M

4810

Monte Bianco

Methodos - M4810 - Monte Bianco

Il Monte Bianco (Mont Blanc in francese e in arpitano) è una montagna situata nel settore delle Alpi Nord-occidentali, lungo la sezione alpina delle Alpi Graie, sulla linea spartiacque tra la Valle d'Aosta (val Veny e val Ferret in Italia) e l'Alta Savoia (valle dell'Arve in Francia), nei territori comunali di Courmayeur e Chamonix, che dà il nome all'omonimo Massiccio del Monte Bianco, appartenente alla sottosezione delle Alpi del Monte Bianco.

Con i suoi 4.808,72 m d'altezza (ultima misura ufficiale il 13 settembre 2017) è la montagna più alta delle Alpi, d'Italia, di Francia e in generale dell'Europa se si esclude il Caucaso: da qui il suo soprannome di Re delle Alpi. Condivide assieme al Monte Elbrus nel Caucaso un posto tra le cosiddette Sette Sommità del Pianeta.

Prevalentemente di natura granitica, irta di guglie e di creste, intagliata da profondi valloni nei quali scorrono numerosi ghiacciai, è considerata una montagna di grande richiamo per l'alpinismo internazionale e, da un punto di vista della storiografia alpinistica, la nascita dell'alpinismo coincide con la data della sua prima ascensione: l'8 agosto 1786.