Un’altra alba segna l’inizio di questa quarta avventura ad alta quota con Methodos.
Questa volta, accompagnata dalla triste consapevolezza che l’estate è davvero finita: alle 6 del mattino, quando molti di noi iniziano ad avviarsi verso il punto di ritrovo, la città è ancora immersa nel buio. Le giornate si accorciano a vista d’occhio, e questo apre un nuovo capitolo dell’avventura, quello delle uscite invernali, tra neve e ghiaccio. Ma per ora, non è questo il punto. Anzi, a giudicare dal caldo milanese anche a queste ore improbe, avremo una bella giornata mite anche durante l’ascesa.
Non sappiamo quanto ci sbagliamo, e per l’ennesima volta impareremo qualcosa sulla montagna: l’imprevedibilità del tempo.
In metropolitana ci osservano come alieni. Pigiati tra persone in abito e cravatta che si recano in ufficio per iniziare una nuova settimana, siamo totalmente e felicemente fuori luogo con i nostri zainoni d’alpinismo Salewa, brandizzati M4810. “Un’altra ordinaria giornata di lavoro in Methodos”, vorrei rispondere ai loro sguardi perplessi.
Il viaggio verso la Svizzera scorre placido tra un riposino e qualche chiacchiera. Fa ridere pensare che passeremo il confine via strada, per arrivare al punto di partenza della nostra salita, l’Ospizio del Sempione, ma che poi rivedremo la nostra Italia dall’alto dato che il punto di arrivo, la Capanna Monte Leone, si trova proprio sul “bordo”.
O almeno, così pensiamo. Per un motivo o per l’altro né io né la maggior parte del gruppo, oggi, vedrà quello che pensava di vedere.
Al momento della partenza, il mood è variegato. Ci sono persone particolarmente preoccupate per la propria forma fisica, dopo un lungo mese di mare e riposo. Altre, invece, hanno passato l’estate in montagna e si sentono più pronte che mai. Tutti, però, siamo d’accordo su una cosa: fa molto più freddo del previsto. Un vento gelido ci taglia a metà mentre iniziamo a salire, e l’impreparazione di molti si manifesta nell’aver dimenticato gli indispensabili buff, guanti e cappelli. Abbiamo ancora molto da imparare!
Ma va bene così, perché queste non sono solo una serie di uscite in montagna: fanno parte di un programma, assolutamente innovativo nel mondo del business, nato per stimolare, se mai ve ne fosse ancora bisogno, il mindset dei partecipanti e allenarlo a porsi sempre continue sfide, a scoprire veramente quali siano i propri limiti, a ricordare quanto sia importante conoscere bene il contesto e prepararsi al meglio per affrontarlo. Mindset necessario a questa squadra di consulenti per supportare i propri clienti e stimolarli ad essere ambiziosi, ma anche per affrontare e superare le sfide di business che in Methodos si sono prefissati. In questo percorso viaggiamo due volte: con i piedi che toccano il terreno e ci ricordano fin troppo bene che questa è fatica vera; e con la testa, che ci porta naturalmente a pensare alle sfide organizzative, a cosa significa affrontare un viaggio in cui è nota solo la meta finale, mentre tutto il resto è da costruire. Anche da questo si vede che siamo più pionieri che alpinisti.
Si dice che il passo di un gruppo, in montagna, debba essere dettato dal passo del membro più lento. È quello che ci ricordano anche gli istruttori del CAI che oggi ci accompagnano, è quello che tutti noi sappiamo e che continuiamo a ripeterci ad ogni uscita, ad ogni momento di debrief. Ma non ci vuole molto perché i diversi passi si facciano vedere, e quello del più lento non rimanga altro che...quello del più lento. E di chi chiacchiera con lui, cioè un gruppetto di poche persone di Methodos e il presidente del CAI Milano. Sicuramente c’è la voglia di chi ha un passo più svelto e deciso di liberare le proprie energie e di godersi il proprio amore per la montagna; certamente il gelido vento ad ogni folata non stimola una sosta di attesa; e sicuramente come gruppo che sta affrontando un cambiamento c’è ancora tanta strada da fare, e in fondo è per questo che siamo qui.
Fatto sta che, a un certo punto, vediamo gli zaini rossi e blu dei membri più vicini a noi scomparire dietro una cresta, a qualche centinaio di metri più in quota. A qualche centinaio di metri più a valle, invece, due soli membri del gruppo chiudono la coda. Ne parlo con i due ragazzi che condividono con me questo momento decisivo: bisogna fare una scelta, e bisogna farla in fretta. È la nostra ultima possibilità di recuperare il primo gruppo e di chiudere questa giornata con la vetta. Oppure di lasciarli allontanare e di non abbandonare l’altro, di gruppo, tra i quali c’è un componente del Team che nella salita ha riscontrato problemi fisici e che non sembra in grado di proseguire verso la meta finale.
Ma in verità non c’è nemmeno bisogno di parlarne, sappiamo cosa vogliamo fare: ci bardiamo con tutti i vestiti che abbiamo negli zaini per resistere alle folate del vento e aspettiamo, serenamente seduti a chiacchierare su un grosso sasso in mezzo alle spruzzate di rosso dei rododendri. L’importante è il viaggio, e non la meta. E come non tutti raggiungeranno effettivamente la cima del Monte Bianco nel 2020, ma tutti vogliamo partecipare al viaggio che porterà alcuni di noi lassù, anche oggi siamo con gli altri mentre li immaginiamo raggiungere la Capanna Monte Leone e posare gli occhi sul ghiacciaio e sulla vista sulle vallate.
Con il nostro passo, senza spingere oltre quanto avrebbe senso fare, dopo aver mangiato i nostri panini torniamo con calma verso valle, mentre il cielo sopra le nostre teste si chiude sempre di più tra le nuvole. Chissà cosa vedono i nostri compagni, dalla cima?
Scopriremo poche ore dopo, quando ci ritroveremo tutti sul sentiero di ritorno, tra abbracci e pacche sulle spalle, che la vista del ghiacciaio e di questo tratto di montagna è stata preclusa a quasi tutti! Mano a mano che salivano, il cielo si chiudeva nel bianco delle nuvole intorno a loro. Arrivati alla meta, il freddo e la nebbia erano tali che molti si sono rintanati all’interno del piccolo rifugio, e altri sono scappati verso le temperature più miti della valle il prima possibile. Giusto qualche barlume di apertura facevano intravedere il ghiacciaio e lo straordinario paesaggio di alta montagna intorno a loro, diverso da quelli che abbiamo assaporato in qualunque altra uscita finora.
È solo quando ritroviamo il resto del gruppo, e guardiamo in alto per indicare i vari punti del percorso che abbiamo raggiunto, che il cielo si apre completamente e mostra tutto lo splendore della valle. Il ghiaccio azzurro scintilla al sole, lassù in alto, lontano da tutti. Ironico, no?
Forse anche il cielo ci vuole ricordare qual è il prossimo aspetto della preparazione che dobbiamo tenere in considerazione: non tanto l’alimentazione, non solo l’allenamento, ma la nostra capacità di goderci il viaggio. Oggi la montagna ci ha per la prima volta davvero mostrato che non sarà facile restare tutti insieme fino alla fine nell’impresa alpinistica, ma ci sarà comunque spazio per tutti per rimanere uniti e protagonisti di questa avventura. Ciascuna escursione e ciascuna tappa del Programma prevede infatti un’importante fase di studio e preparazione, che richiede impegno e dedizione. Inoltre il Programma M4810 ha nei suoi obiettivi, non solo l’allenamento del mindset e del fisico del team Methodos, ma anche la valorizzazione della esperienza per cause socialmente utili e, non ultimo, lo sviluppo della performance di team delle organizzazioni che hanno scelto Methodos come loro partner per il Change Management.
Insomma, ne abbiamo di strada da fare. In tutti i sensi e tutti insieme.