Tra i tanti aspetti su cui la montagna si rivela grande maestra di vita - anche nel lavoro e nel Change Management - il rispetto dei fattori vincolo è forse uno dei più forti.
È in grado di insegnare con severità unica quanto sia importante l’adattabilità, la capacità di cambiare piano in base alle condizioni specifiche, per poter raggiungere gli obiettivi che ci si è prefissati.
È un ambiente in cui i fattori controllabili e quelli incontrollabili si sfidano e si bilanciano in continuazione, con modalità ogni volta inaspettate: la preparazione tecnica si scontra con le previsioni metereologiche, i piani di lungo periodo con l’innevamento, l’ambizione umana con la forza della natura.
È una danza, in cui umano e sovra-umano si prendono per mano e iniziano a muoversi a ritmo di musica.
Con M4810 ci siamo scontrati più volte con questa consapevolezza, ed è probabile che prima della fine succederà di nuovo. Ogni uscita, ogni programma, è un terno al lotto con il caso: più di una uscita è stata rimandata causa pioggia, più di un percorso modificato a causa della neve o delle mutate condizioni esterne.
Quando un’estate più fredda del solito ha coperto le montagne di una neve tardiva a fine giugno, il nostro piano di conquistare il Petit Mont Blanc ha dovuto essere rivisto e modificato in Punta Lechaud. E ora che ci avviciniamo al nostro grande obiettivo, il Monte Bianco, la condizione sarà più che mai la stessa.
Potrebbe sembrare un pensiero svilente.
Una condizione che ci mette nelle mani del caso, che assegna il successo o il fallimento di una missione come M4810 alla sorte e non all’ingegno umano.
Ma non è così.
È invece un lavoro d’ingegno più che di tecnica, di previsione delle variabili prevedibili, di studio di piani alternativi da mettere in pratica, un esercizio di lungimiranza e analisi dei dati unico nel suo genere.
È proprio questa la sfida massima, e una delle lezioni da imparare per la vita e per il lavoro: cambiare spesso piano, anziché ostinarsi a perseguire un processo irrealizzabile, è sinonimo di successo, saggezza e ingegno.
Bisogna saper accettare il riscontro che il percorso che si sta compiendo dà, avere l’umiltà e il giudizio di saperlo leggere e capire che cosa si può imparare da esso. I fattori vincolo sono una realtà, tanto in montagna quanto nella vita, e l’adattamento al contesto è essenziale per la crescita di valore. In fondo, è così che l’uomo si è evoluto dall’alba dei tempi.
L’alpinismo è uno sport che può anche diventare estremo e che si può avvicinare pericolosamente ai limiti della ubris, dell’eccessivo perseguimento dell’ego, anche a scapito della sicurezza e del buonsenso. Il rischio di diventare “conquistatori dell’inutile”, come lo ha definito Lionel Terray. Con un duplice significato positivo e negativo, di ricerca del limite umano ma anche dell’inutilità del suo superamento quando il prezzo da pagare è eccessivo.
Ed è questo che impariamo in montagna con M4810, e che portiamo a casa nel nostro lavoro, nella quotidianità. Conta di più il processo di adattabilità a contesti complessi e non interamente controllabili, che non soltanto la meta. La sfida è duplice: da una parte verso l’esterno, dall’altra contro noi stessi, l’attaccamento alle nostre decisioni e convinzioni, il rischio di cadere nelle trappole euristiche lungo la strada.
La sperimentazione di un ambiente nuovo, ostile, diverso, aiuta a sviluppare quest’attitudine essenziale. Non tanto la singola capacità di conquistare il risultato (raggiungere la cima, concludere un progetto) ma quella di farlo in maniera intelligente, misurata.
È questo il vero successo.
Una mentalità di crescita sostenibile, di valore, orientata al lungo termine e non alla soddisfazione immediata di un bisogno.
Per aiutare i leader delle organizzazioni a farlo al meglio, lo stiamo sperimentando su di noi.